Myanmar, le vittime potrebbero essere migliaia
di
Fabio Ferrero
È piena emergenza nel Paese asiatico colpito da un sisma di magnitudo 7.7. Il regime chiede aiuto alla comunità intemazionale. Le scosse hanno interessato anche la Thailandia.

In Myanmar è piena emergenza, con il timore di contare migliaia di vittime dopo che ieri un terremoto di magnitudine 7.7 con epicentro a soli 10 chilometri di profondità ha colpito alle 12.50 ora locale le sue regioni centrali. Un evento di intensità eccezionale, per gli esperti del nostro Istituto di geofisica e vulcanologia superiore di 300 volte a quella del sisma abruzzese del 2016, percepito distintamente anche a livello del suolo. A confermare l’eccezionalità della scossa, peraltro seguita poco dopo da una di magnitudine 6.4 e da altre minori ma sempre di intensità elevata, non è stata soltanto la fuga disperata della popolazione e l’assalto ai pochi ospedali presto arrivati al limite della capacità, ma anche l’imposizione – dettata in parte da ragioni di sicurezza per la guerra civile in corso - dell’emergenza in sei regioni (le province di Sagaing, Mandalay, Bago, Magway e lo stato Shan) e la richiesta di soccorso umanitario internazionale avanzata dalla giunta militare al potere. Lo stesso capo del regime, generale Min Aung Hlaing, ripreso dalla televisione birmana durante il sopralluogo in un ospedale della capitale Naypyidaw dove già era stato raccolto un numero di feriti superiore ai mille posti letto disponibili, ha deviato dall’abituale ostilità verso le “ingerenze esterne” incluse quelle umanitarie chiedendo “a qualunque organizzazione e qualunque paese di intervenire in soccorso del Myanmar”.
BOX BOX BOXiore di 300 volte a quella del sisma abruzzese del 2016, percepito distintamente anche a livello del suolo. A confermare l’eccezionalità della scossa, peraltro seguita poco dopo da una di magnitudine 6.4 e da altre minori ma sempre di intensità elevata, non è stata soltanto la fuga disperata della popolazione e l’assalto ai pochi ospedali presto arrivati al limite della capacità, ma anche l’imposizione – dettata in parte da ragioni di sicurezza per la guerra civile in corso - dell’emergenza in sei regioni (le province di Sagaing, Mandalay, Bago, Magway e lo stato Shan) e la richiesta di soccorso umanitario internazionale avanzata dalla giunta militare al potere. Lo stesso capo del regime, generale Min Aung Hlain

Poche e apparentemente in contrasto con le testimonianza che a fatica emergono dalla devastazione, le notizie diffuse dalle autorità, come il numero dei morti arrivato in serata a 144 con quasi 800 feriti. Sicuramente, mentre si temono migliaia di vittime, non alimenta l’ottimismo che questo avvenga in un Paese sconvolto da quattro anni di conflitto interno che ne ha accentuato la povertà e aggravato le necessità. «Le infrastrutture pubbliche sono state danneggiate, tra cui strade, ponti ed edifici pubblici. Attualmente abbiamo preoccupazioni per le dighe su larga scala», ha comunicato dal Myanmar Marie Manrique, coordinatrice del programma per la Federazione Internazionale della Croce Rossa. Molti anche i luoghi di culto colpiti dal sisma. Fonti locali segnalano la devastazione della cattedrale cattolica di san Giuseppe a Taunggyi ma anche danni a chiese in diverse località. Anche monasteri e templi buddhisti sono stati distrutti o lesionati e sono almeno tre le vittime del crollo parziale di una moschea a Taungoo. Mentre anche in Italia si è già attivata la solidarietà internazionale e papa Francesco ha espresso la sua vicinanza alle popolazioni colpite dal sisma in Myanmar e Thailandia, Save the Children ha ricordato che questa catastrofe si somma a una situazione già di emergenza e che a rischio sono anzitutto 6,7 milioni di bambini nelle aree interessate dal sisma. Va detto che nella regione, alle difficoltà di intervento per i limiti imposti dalla giunta militare o dalla precarietà della situazione, si aggiungono le pesanti conseguenze del blocco delle iniziative umanitarie proprie o finanziate da Usaid per decisione dell’amministrazione Trump. Tra queste la squadre di intervento rapido Dart pronte a intervenire sul territorio in 24-48 ore. Si muovono anche i governi e fra i primi a offrire aiuto al Myanmar è stata la confinante India, che ha teso la mano di eventuali soccorsi anche alla Thailandia. Non è infatti solo la magnitudine del sisma a indicarne l’eccezionalità, ma anche la sua diffusione oltre i confini birmani, nelle aree confinanti della Repubblica popolare cinese, da cui sono arrivate immagini di crolli e soccorsi in corso, in Thailandia e altrove nella regione.
La capitale thailandese Bangkok, distante 1.300 chilometri dall’epicentro è stata dichiarata “area disastrata” dalle autorità mentre milioni di cittadini in fuga dalle abitazioni o dai luoghi di lavoro hanno cercato rifugio nei parchi cittadini in attesa di accertamenti sulla stabilità degli edifici. I servizi di trasporto pubblico stanno riprendendo gradualmente ma la popolazione è stata avviata che saranno limitati per alcuni giorni nelle aree urbane più colpite.Sono nove le vittime individuate fino alla serata, tutte tranne una recuperate dalle macerie di un edificio pubblico di 30 piani in costruzione che è crollato seppellendo forse un’ottantina degli operai che vi stavano lavorando. Probabilmente, come tanti addetti all’edilizia, immigrati dal Myanmar devastato dalla guerra civile in cerca di maggiore benessere.
Data la distanza, la situazione di Bangkok, 14 milioni di abitanti, ha risentito, più che della potenza del terremoto del Myanmar della sua posizione in una regione alluvionale ricca di corsi d’acqua e a ridosso della costa che amplifica l’effetto di eventi tellurici anche distanti. Una situazione ambientale difficile già sotto osservazione e, ci si augura, una catastrofe solo sfiorata. Tuttavia, nonostante evidenti danni e disagi, nella capitale thailandese non si è registrato il panico tra la popolazione, non abituata a questi fenomeni ma anche solidale e disciplinata nelle emergenze.
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