«Pandemie? Vi spiego perché siamo più pronti. Sui vaccini c'è tanta ignoranza»
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test Redattore Pubbl
A 5 anni dal lockdown, parla Carlo Signorelli, che presiede il Gruppo tecnico nazionale vaccinazioni: il Paese non ha ancora il Piano pandemico, però oggi ne hanno uno tutte le Regioni e le Asl

«Siamo più pronti di 5 anni fa. Eravamo pronti anche nel 2020 ma per un evento pandemico influenzale. È arrivato invece un altro tipo di virus, con una pericolosità ed una letalità ben differenti». Carlo Signorelli, ordinario di Igiene e sanità pubblica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, presiede dal 2022 il Nitag (National immunization technical advisory group), ovvero il Gruppo tecnico nazionale sulle vaccinazioni, che, pur essendo indipendente, è istituito dal ministero della Salute in linea con le indicazioni dell’Oms. Composto da 25 esperti di sanità pubblica (dall’epidemiologo al bioeticista) ha competenze sulle pratiche immunitarie, esprime valutazioni scientifiche sulle politiche vaccinali, orientando le scelte politiche. Tranne che in occasione dell’ultima pandemia. «Le competenze della gestione del vaccino anti-Covid – dice Signorelli – sono state assorbite da un comitato ad hoc, il Cts, che ha provveduto anche alle trattative sull’acquisto dei vaccini, cosa che spetterebbe alle Regioni. Ma una crisi emergenziale giustifica risposte emergenziali».
Professore, che succederebbe in caso di nuova pandemia?
Dicevo che siamo più pronti. Ma la definizione di «pronto» è complicata. È vero che, in linea di massima, può essere delineato un evento pandemico ma è molto difficile prevederne i «dettagli»: il comportamento del microrganismo scatenante, le modalità di trasmissione, gli impatti. Tutti aspetti che avranno una definizione più adeguata e aggiornata nel nuovo Piano pandemico.
Che però, nonostante polemiche, inchieste, dibattiti, ancora non c’è. È ora al vaglio delle Regioni ma quanta fatica per il suo varo, non le pare?
Dovrebbe chiederlo al governo. Nel 2024 ne arrivò uno in stadio molto avanzato che, a un certo punto, per motivi politici, fu fermato per un anno. Adesso che la discussione è ripresa, la decisione definitiva è solo politica. Anche se una grossa novità già c’è.
Quale?
Rispetto al 2020, oggi tutte le Regioni e tutte le aziende sanitarie d’Italia hanno un piano pandemico. È un grande passo avanti. Ecco perché siamo più pronti di prima.
Ma in caso di emergenza, come si crea un coordinamento immediato tra tutte le Regioni e le Province autonome?
Con il Piano nazionale...
Quindi mettiamoci comodi e incrociamo le dita.
Il Piano arriverà. Tecnicamente abbiamo già delle condotte differenti da adottare rispetto al 2020.
Per esempio?
Sappiamo quanti dispositivi di protezione occorrono anche per le situazioni più estreme.
I piani precedenti non lo indicavano?
Prima vi erano indicazioni approssimative.
Tipo?
C’erano prescrizioni del tipo: «Servono mascherine in numero sufficiente», ma il numero non era indicato. Oggi abbiamo la stima esatta delle provviste di mascherine, guanti e dei dispositivi di sicurezza occorrenti. Sappiamo come poter operare in breve tempo un piano di espansione dei posti letto; sappiamo dove si può fare, per quali reparti, con quali forze. Abbiamo una consapevolezza di gran lunga maggiore.
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