L'ex Br e quelle scuse 50 anni dopo: è questa la ragione del diventare vecchi?

di 
Davide Tizzo
Azzolini, a 82 anni, pronuncia un "mi dispiace" all'orfano di un carabiniere. E dà un senso ai lunghi anni che la vita oggi concede: capire chi si è stati e infine chiedere perdono
14 marzo 2025 alle ore 14:24
Il corpo di Mara Cagol, la brigatista uccisa in un conflitto a fuoco con le forze dell'ordine - © ANSA
Il corpo di Mara Cagol, la brigatista uccisa in un conflitto a fuoco con le forze dell'ordine - © ANSA
«Io c’ero, quel giorno di 50 anni fa alla Spiotta - un inferno che ancora oggi mi costa un tremendo sforzo emotivo condividere, al termine del quale sono morte due persone che non avrebbero dovuto morire».
L’uomo che parla davanti alla Corte d’Assise di Alessandria, loden e capelli bianchi, è Lauro Azzolini, 82 anni, ex Br coinvolto nell’omicidio Moro, quattro ergastoli. Oggi, scontata una lunga pena con i benefici di legge, lavora in una cooperativa per disabili.
Ciò che esattamente era accaduto il 5 giugno 1975 alla Cascina Spiotta, nelle campagne alessandrine, era rimasto finora un mistero. Per finanziarsi le Br avevano sequestrato un ricco industriale, che tenevano in ostaggio nella cascina. Ma arrivarono i carabinieri, due brigatisti tentarono la fuga lanciando bombe a mano, poi si trovarono la strada sbarrata e scapparono a piedi. Una battaglia. Rimasero sul terreno un ferito e due morti: Mara Cagol, moglie del fondatore delle Br Renato Curcio, e il carabiniere Giovanni D’Alfonso. Chi fosse però il Br accanto alla Cagol non lo si era mai saputo, né come la donna fosse morta.
Un processo riaperto 50 anni dopo, per via di nuove prove trovate. E 50 anni dopo l’imputato Azzolini decide di rendere, inattesa, quella dichiarazione. È con un’evidente sofferenza sulla faccia che esordisce: io c’ero, quel giorno. «Fu un giorno maledetto, che non dimenticherò mai». Ricorda di essere fuggito nei boschi credendo che Mara gli stesse dietro. Lei invece, ferita, era a terra. «In ginocchio, con le braccia alzate, gridava di non sparare. E l’ultima immagine che ho di lei». Poi, Azzolini afferma di avere sentito due colpi.
Un carabiniere dunque avrebbe sparato alla Cagol già a terra, secondo il brigatista.
Ma sono passati 50 anni e la notizia passa quasi inosservata sotto a tante, incombenti: l’Ucraina, la tregua offerta, il sì o il no di Putin, l’acqua che manca a Gaza distrutta. Quel signore nell’aula d’Assise sembra frastornato: «Ho 82 anni e tutto intorno a me è cambiato rispetto a quando ne avevo 30, quando nel contesto della lotta di classe, del duro conflitto sociale, pensavamo di poter fare la rivoluzione… ».
Lauro Azzolini alla Corte d'Assise di Alessandria - ANSA
Lauro Azzolini alla Corte d'Assise di Alessandria - ANSA
Lotta di classe, rivoluzione? Un ventenne di oggi capirebbe? C’è però un particolare, nell’intervento di Azzolini, questione di un secondo, che colpisce. È quando, ricordando la morte dell’appuntato D’Alfonso, si volta verso il figlio di quest’ultimo, Bruno, che era un bambino di 10 anni quando seppe dalla la tv, una sera, che suo padre era morto. E dunque oggi Lauro Azzolini dice brevemente al figlio: «Mi dispiace». E si vede, in quel volto di vecchio, che è vero. Cinquant’anni per dire a un lontano bambino: «Mi dispiace».
Nell’ascoltare una deposizione di tempi che paiono già remoti mi è tornato in mente un geriatra intervistato anni fa. Un primario stimato, un bravo medico, non credente. «Vede – mi disse alla fine dell’intervista – c’è una cosa che non mi spiego. Fra tutte le creature viventi l’uomo è il solo che passa oltre metà della sua vita dopo la fine dell’età feconda, e quando spesso è malato e, parlando in termini naturalistici, non più utile al branco. Un lungo pezzo di vita che nessun altro animale ha. Singolare, non trova?».
La provocazione di un materialista, pensai, tuttavia quella domanda spesso mi è tornata in mente. A che serve la vecchiaia, perché tanto tempo ci è dato oltre la vita produttiva e feconda?
Quel cenno di un uomo di 82 anni a un figlio: «Mi dispiace». Che una lunga vita sia data agli uomini, o almeno a molti di noi, semplicemente per arrivare a un certo istante? Al quasi pudico “mi dispiace” di un vecchio, 50 anni dopo. Forse tanto tempo ci è dato, oltre che per amare, vedere i figli dei figli, sperimentare la debolezza e il bisogno, anche per capire ciò che si è fatto. E per chiedere, infine, perdono.

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