Associazione Meter, i cacciatori di orchi
di
Davide Tizzo
Don Fortunato Di Noto: “Non vogliamo mai demordere, perché anche un solo bambino, vale la pena strapparlo alla schiavitù dei pedofili”

Ce lo si chiede, come facciano ogni giorno a visitare l’inferno. Poi lo spiega don Fortunato Di Noto, che mise in piedi oltre trent’anni fa l’Associazione Meter: “Salvare un bambino, un solo bambino, è più forte dell’inferno e ci permette di andare oltre”. Già, perché Meter monitorando il web e le messaggerie, dà la caccia quotidianamente ai pedofili, soprattutto on line (e aiuta i piccoli abusati e le loro famiglie). Quando li scova, denuncia alla Polizia postale: “Don Fortunato e la sua associazione ci aiutano in questa costante lotta alla pedofilia”, racconta Marcello La Bella, primo dirigente Centro operativo sicurezza cibernetica della Polizia postale – Sicilia orientale. E aggiunge: “Vedere queste immagini, questi video, spesso terrificanti, ha un prezzo da pagare. Siamo anche seguiti da psicologi della Polizia, che ci aiutano a sopportare tutto questo”.
A proposito, una delle ultime sequenze di foto scoperte, sono su una neonata ancora in sala parto, su un fasciatoio: “Questa è una delle immagini che mi porto dentro, nella mia vita”, dice Carlo Di Noto, cofondatore e direttore di Meter. “Quello che ho visto è abominevole e deve essere in tutti i modi contrastato”.
Anche per questo, la loro lotta sembra quella di Davide contro Golia, o come dice La Bella, “a volte ci sembra di svuotare il mare con un secchiello”. Ma è ancora don Fortunato a spiegarne il senso: “Non vogliamo mai demordere, perché anche un solo bambino, vale la pena strapparlo alla schiavitù dei pedofili”. E poi “affrontare il male è fondamentale e importante, è la missione anche di un prete, anche dei cristiani, anche della gente di buona volontà”.
Non solo, “se non avessi la fede, non potrei fare quello che faccio e sostenerlo con la fiducia e la speranza”, racconta Maria Concetta Suma, confondatrice e legale dell’Associazione. “Non pensavo si potesse arrivare a tanto – dice Ottavio Cancemi, volontario di Meter -, a questa realtà che ti colpisce come un masso che ti rotola addosso”. La cosa più difficile, secondo Arianna Consiglio, psicologa di Meter? “Rimanere in contatto con la sofferenza delle famiglie che chiedono aiuto. Perché un abuso tocca non solo il bambino, ma l’intera sfera familiare”.
La cosa migliore dell’impegno con Meter? “Intanto stare qui con persone speciali – risponde Santa Argentino, grafica dell’Associazione -, oltre che fare un lavoro che possa essere di aiuto per gli altri”. E per Carla Fassina, educatrice professionale di Meter, “l’esperienza più bella la vivo tutti i giorni coi nostri bambini all’interno del centro”.
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