La preghiera di quando non ne puoi più
di
Alessandro Rossi
Ogni settimana uno spazio di riflessione personale con l'aiuto di testimoni della fede e maestri spirituali. Oggi padre Lebret sul confidare in Dio malgrado il nostro impegno non sia stato premiato

Anche se ce lo ripetiamo continuamente non è vero che il lavoro paga sempre. Né che il tempo aggiusta le ferite, anzi a volte sembra che proprio chi si impegna meno viva meglio. Di qui, rabbia, angoscia e depressione. Eppure, la buona volontà, l’applicarsi dovrebbero prescindere dall’essere o meno premiati. Si dovrebbe cercare cosa è bene e giusto, semplicemente perché è bene e giusto. Vale a maggior ragione nell’ottica della fede che sprona il credente a confidare nella volontà di Dio, consapevoli che a volte ciò che appare negativo alla lunga potrebbe risultare un beneficio per la nostra crescita spirituale e umana. Lo sottolinea il domenicano padre Louis Joseph Lebret (1897-1966) in questa preghiera che inizia con lo sfogo: non ne posso più e si conclude con un attestato di fiducia: Signore mi affido a te.«Signore, questa volta non ne posso più.Da mesi mi sono intestarditoa compiere tutto il mio dovere professionale,ad accontentare diligentementetutti coloro che mi chiedevanopiccoli e grandi favori.Mi ci sono ostinato.È così desolantelasciare incompleto un lavoroche in realtà non sarà mai completato.È normale che uno si ostinia tener duro, spossandosi.Eccomi dunque, Signore,per un certo tempo o per sempre,non so, fuori combattimento.Sia fatta la tua volontà.So che siamo sempre dei servi inutili,l'essenziale è amartie continuare ad amareintensamente i propri fratelliquando pare impossibilepoter essere utili per loro.Tu solo sai ciò che è meglioe io mi affido a te, Signore».
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