Analisi. A Gaza si sta combattendo una guerra contro i bambini. Nell'indifferenza
di
Sergio Cirinà
In questi giorni il giornale israeliano “Haaretz”, certo non un foglio liquidabile come antisemita, ha pesantemente criticato l'iniziativa di Netanyahu nella Striscia. Cosa sta succedendo

Ci potrebbe essere un contrasto più tragico e doloroso di quello fra le ultime volontà di papa Francesco, che ha voluto la trasformazione della “papamobile” in una clinica veloce per i bambini di Gaza, e la decisione del governo israeliano di prolungare e ampliare la guerra, puntando all’occupazione della Striscia?
In questi giorni il giornale israeliano Haaretz, certo non un foglio liquidabile come antisemita, ha scritto che, se proprio vogliamo continuare a definire quanto avviene a Gaza con il termine di guerra, dobbiamo precisare come si tratti di una guerra di generali contro bambini. È confortante che siano ancora molte le voci in Israele di chi rifiuta la deriva razzista, fondamentalista e xenofoba del governo di ultradestra al potere; e che parte di quella società non rinunci a provare orrore verso la catastrofe umanitaria della popolazione palestinese e la cinica indifferenza governativa verso le sorti dei cittadini israeliani ancora ostaggi. Una catastrofe, va ricordato, frutto della deliberata volontà del primo ministro Netanyahu di continuare sine die la guerra, per permetterne la rioccupazione a lungo termine – con alcuni ministri che proclamano apertamente essere «per sempre» – e per avviare lo «spostamento» dei suoi abitanti, secondo quanto previsto dall’incommentabile piano del presidente Trump per creare una nuova «riviera del Mediterraneo».
In Europa, stretti fra la doverosa memoria delle nostre colpe storiche nei confronti del popolo ebraico e il timore di essere associati agli odiosi rigurgiti di antisemitismo, siamo spesso cauti nel giudicare le azioni del governo di Tel Aviv nei confronti dei palestinesi. Ma di fronte a queste decisioni, dinanzi alla vergogna di un blocco degli aiuti umanitari che dura da più di due mesi e che impedisce di portare acqua, cibo e medicinali alle donne, ai bambini e agli uomini che tentano di sopravvivere nella Striscia, non si può non scrivere che Netanyahu stia attuando una politica abietta, inconciliabile con gli ideali liberali. Anche l’ultima proposta del governo israeliano di permettere la distribuzione di aiuti di pura sopravvivenza tramite imprecisate “agenzie private”, sembra solo un escamotage per impedirli di fatto. E l’orrore di Gaza, purtroppo, è solo una tessera di un puzzle più ampio che la destra nazionalista o ultrareligiosa porta avanti per ricreare l’Israele biblico. In Cisgiordania siamo dinanzi a una occupazione strisciante, con la creazione continua di insediamenti ebraici illegali che spingono alla distruzione delle terre agricole palestinesi e all’evacuazione di villaggi. Sono quotidiani i soprusi e le violenze dei coloni israeliani, con la convivenza delle forze di sicurezza, contro la popolazione locale. Violenze, umiliazioni e minacce che non risparmiano la comunità cristiana e talora interferiscono con le sue pratiche religiose.
In Europa, stretti fra la doverosa memoria delle nostre colpe storiche nei confronti del popolo ebraico e il timore di essere associati agli odiosi rigurgiti di antisemitismo, siamo spesso cauti nel giudicare le azioni del governo di Tel Aviv nei confronti dei palestinesi. Ma di fronte a queste decisioni, dinanzi alla vergogna di un blocco degli aiuti umanitari che dura da più di due mesi e che impedisce di portare acqua, cibo e medicinali alle donne, ai bambini e agli uomini che tentano di sopravvivere nella Striscia, non si può non scrivere che Netanyahu stia attuando una politica abietta, inconciliabile con gli ideali liberali. Anche l’ultima proposta del governo israeliano di permettere la distribuzione di aiuti di pura sopravvivenza tramite imprecisate “agenzie private”, sembra solo un escamotage per impedirli di fatto. E l’orrore di Gaza, purtroppo, è solo una tessera di un puzzle più ampio che la destra nazionalista o ultrareligiosa porta avanti per ricreare l’Israele biblico. In Cisgiordania siamo dinanzi a una occupazione strisciante, con la creazione continua di insediamenti ebraici illegali che spingono alla distruzione delle terre agricole palestinesi e all’evacuazione di villaggi. Sono quotidiani i soprusi e le violenze dei coloni israeliani, con la convivenza delle forze di sicurezza, contro la popolazione locale. Violenze, umiliazioni e minacce che non risparmiano la comunità cristiana e talora interferiscono con le sue pratiche religiose.
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