La conta di amici e nemici: perché il 9 maggio di Putin sarà senza gloria

di 
Alessandro Rossi
Nel giorno della vittoria dell'Unione Sovietica sulla Germania nazista, Mosca si prepara ad accogliere capi di Stato e di governo, su tutti il cinese Xi Jinping. Molti sono però leader controversi
8 maggio 2025
  Nelle intenzioni di Vladimir Putin è un’occasione per contare amici e nemici, mostrare al mondo il nuovo fronte che si oppone all’Occidente complessivo e ribadire la retorica della superiorità del proprio modello politico rispetto agli “obsoleti” valori liberali. L’Ottantesimo anniversario della resa tedesca a Berlino doveva essere quest’anno la sua apoteosi, con un accordo di pace in Ucraina che sancisse di fatto le sue conquiste, grazie alla mediazione della superpotenza americana guidata dall’“amico” Donald Trump. Ma i piani ottimistici non sono andati a buon fine. E così sarà un 9 maggio senza la gloria che il Cremlino si preparava a manifestare.La Parata della Vittoria sulla Piazza Rossa di Mosca continua però ad avere un fortissimo significato simbolico e ideologico. Com’è noto, si celebra la vittoria dell'Unione Sovietica sulla Germania nazista nella Grande Guerra Patriottica, come i sovietici chiamavano, e i russi ancora chiamano, il fronte orientale del Secondo conflitto mondiale dal 1941. Il 24 giugno 1945, il maresciallo Georgij Zhukov, in sella a un cavallo bianco, presiedette una sfilata militare per solennizzare il trionfo, costato all’Urss quasi 27 milioni di vittime fra militari e civili. Al termine della sfilata, soldati della Nkvd gettarono davanti al mausoleo di Lenin centinaia di bandiere della Wehrmacht catturate durante l’avanzata verso la capitale tedesca.Se sotto l’Unione Sovietica, l’evento, con grande dispiegamento di mezzi militari, si tenne in seguito nel 1965, 1985 e 1990, con la Federazione Russa la parata si svolge ogni anno dal 1995, all’interno di un progetto ideologico che Putin ha voluto progressivamente rafforzare, tanto che la riforma della Costituzione nel 2020 ha portato all’inserimento del nuovo articolo 67.1, il quale recita: lo Stato «onora la memoria dei difensori della Patria e garantisce la protezione della verità storica. Non è consentita la diminuzione del significato dell’impresa del popolo nella difesa della Patria». Un bavaglio alle libere interpretazioni storiografiche delle vicende novecentesche tipiche di una strumentalizzazione unilaterale dei fatti, anche se è innegabile il ruolo decisivo che ebbero l’Armata Rossa e la resistenza di popolo nel fermare il progetto di dominio hitleriano.Venerdì lo Zar incasserà la presenza non scontata del presidente cinese Xi Jinping, suo principale alleato, attento a bilanciare la collocazione di Pechino nello scacchiere globale in un’epoca di grandi trasformazioni. La rinuncia del principale leader dei “non allineati” del Sud globale, l’indiano Narendra Modi (ufficialmente impegnato dalla riesplosa crisi con il Pakistan), non sarà compensata dall’arrivo di altri capi di Stato e di governo annunciati nella tribuna d’onore: dal venezuelano Nicolas Maduro al brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva fino al cubano Miguel Diaz-Canel, passando per il vietnamita To Lam e il palestinese Mahmoud AbbasDall'Europa poca soddisfazione al Cremlino: ci saranno solo il primo ministro slovacco, Robert Fico, e il leader serbo-bosniaco, Milorad Dodik.Putin potrà comunque sfruttare l’occasione per ribadire la propria narrazione unificante nazionale, centrata sull’unico mito condiviso e non controverso della storia sovietica: l’idea della Russia come liberatrice del mondo dal nazismo, caricata di valore etico in quanto quest’ultimo incarna il male assoluto. La retorica della “denazificazione” serve per delegittimare i nemici esterni, come nel caso dell’Ucraina, accusata di essere dominata da neonazisti, enfatizzando in modo esagerato elementi passati e presenti (come la figura di Stepan Bandera e il battaglione Azov). Si possono così presentare le guerre di Mosca quali missioni morali e non come aggressioni, riattivando anche memorie profonde in Russia e nei Paesi ex sovietici, dove il trauma della tragica occupazione tedesca è ancora vivo.Se la parola “nazista” viene usata come strumento propagandistico, svuotato di senso storico, per etichettare qualsiasi opposizione o resistenza all’espansionismo di Mosca, non sorprende più che i Paesi presenti alla Parata, desiderosi di un ordine multipolare alternativo, siano in molti casi regimi che incarnano ideologie di destra e sinistra senza soverchie preoccupazioni per le procedure democratiche e le garanzie dello Stato di diritto. Con nell’aria la velata minaccia lanciata dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla sicurezza dei cieli di Mosca, lo zar pronuncerà parole già ascoltate in queste occasioni, mantenendo la linea dura davanti al plotone dei suoi più o meno sinceri ammiratori giunti sulla Piazza Rossa. Potrebbe tuttavia riservare anche qualche espressione più conciliante verso la Casa Bianca, se vorrà provare a uscire dalla costruzione immaginaria che si è creato e fare un bagno nella realtà di una guerra che non riesce a vincere e di un pianeta che non è ai suoi piedi come vorrebbe.  

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Raccomandati per te

Idee e commenti