Un Papa che unisce due Americhe. L'attenzione ai migranti e all'ambiente
di
Fabio Stringaro
Negli Stati Uniti è considerato un moderato capace di dialogare con tutti e tenere insieme sensibilità diverse spronando i vescovi a lavorare insieme.

Fino a ieri, l’idea di un Papa americano era inimmaginabile negli Stati Uniti. La convinzione generale, che circolava sui media come nelle parrocchie, era che ci sarebbero voluti ancora anni perché i cardinali guardassero alla Chiesa statunitense, giovane e nota all’estero per la sua polarizzazione e isolazionismo, per scegliere il successore di Pietro. Il profilo di Robert Francis Prevost ha creato le condizioni di questa clamorosa prima volta.
Nato a Chicago da famiglia di origini francesi, italiane e spagnole, pur essendo cresciuto nel contesto cattolico statunitense, a differenza di molti cardinali americani che hanno servito principalmente negli Stati Uniti Prevost ha dedicato oltre due decenni all’opera missionaria in Perù, servendo come vescovo di Chiclayo e diventando cittadino peruviano nel 2015. Questo impegno con le comunità latinoamericane gli ha fornito una profonda comprensione dei substrati culturali che animano la Chiesa e, allo stesso tempo, lo ha tenuto relativamente lontano dalle dinamiche più polarizzate dell’episcopato americano, diviso negli ultimi dieci anni tra un’ala molto conservatrice e una più vicina alla visione pastorale di papa Francesco.Quando, ieri sera, Leone XIV ha rivolto il suo saluto alla folla di San Pietro e in tutto il mondo, ha parlato in italiano, spagnolo e latino, senza pronunciare una parola in inglese, sua lingua natale. Questo dettaglio lascia intuire che la sua una prospettiva globale sarà più determinante nel suo pontificato delle sue origini nazionali.
La formazione ed esperienza del Pontefice, oltre al fatto che è stato un collaboratore stretto del suo predecessore, condividendone l’attenzione agli ultimi, permettono anche di prevedere che il Papa avrà un rapporto complesso con l’amministrazione Trump. Alcune divergenze di fondo – in particolare su immigrazione e giustizia sociale – probabilmente daranno forma a una dinamica sfumata e, forse, difficile.
Chi lo conosce assicura infatti che Leone XIV continuerà, nel solco segnato da Francesco, a porre l’accento sulla compassione per migranti e rifugiati, una posizione che contrasta con le dure politiche sull’immigrazione del presidente Usa che hanno incluso deportazioni e detenzioni di massa. Francesco aveva criticato tali misure come «disastrose».
Anche l’impegno di Prevost per una Chiesa sinodale e inclusiva potrebbe divergere dalla chiusura dell’Amministrazione Trump nei confronti di minoranze, stranieri e politiche in difesa della natura. Papa Leone XIV ha infatti esperienza diretta delle sfide affrontate dalle comunità migranti e degli effetti dei cambiamenti climatici sui più vulnerabili. D’altro canto, la sensibilità culturale e linguistica del neo-Papa ne fa una figura ponte (parola che lui stesso ha usato più volte nel suo breve intervento di ieri) tra il Nord e il Sud del mondo cattolico e potrebbe aiutarlo a stabilire un rapporto chiaro ma non necessariamente teso con l’inquilino della Casa Bianca.
Quanto al suo futuro rapporto con la Chiesa americana, capiamo che il mandato di Leone XIV a capo dell’ufficio vaticano per le nomine dei vescovi, incarico che ha assunto nel 2023, gli ha conferito un’influenza significativa nel plasmare la leadership della Chiesa, favorendo relazioni tra diverse correnti ideologiche. Come prefetto del Dicastero per i vescovi, il nuovo vescovo di Roma ha sostenuto un approccio sinodale nella selezione dei presuli, una linea che è stata criticata apertamente da due presuli americani come il cardinale Raymond Burke e il vescovo Joseph Strickland. L’allora cardinale non ha affrontato direttamente queste critiche, ponendo invece l’enfasi sulla comunione in un modo che suggerisce il desiderio di colmare le divisioni all’interno della Chiesa. Anche per questo, negli Stati Uniti, Prevost è diventato noto come un moderato capace di dialogare con tutti, come ha fatto spesso negli ultimi due anni, ricordando frequentemente ai vescovi la loro promessa di vivere e lavorare in comunione con il Santo Padre.
In queste ore, insieme all’entusiasmo per l’elezione del primo Papa americano della storia («Tutto il meglio, incluso il Papa, viene da Chicago» ha commentato il sindaco della città del vento), negli Stati Uniti prevale la sensazione che Prevost sarà un Pontefice capace di tenere insieme sensibilità diverse nella Chiesa, perché non troppo vicino all’ala liberal, né espressione del blocco conservatore Usa. Ma è anche forte la consapevolezza che la sua unica combinazione di internazionalismo, moderazione dottrinale ed esperienza di vita lo spingeranno a guardare con amore ai confini della Chiesa e alle terre di missione più che alle battaglie politiche.
In queste ore, insieme all’entusiasmo per l’elezione del primo Papa americano della storia («Tutto il meglio, incluso il Papa, viene da Chicago» ha commentato il sindaco della città del vento), negli Stati Uniti prevale la sensazione che Prevost sarà un Pontefice capace di tenere insieme sensibilità diverse nella Chiesa, perché non troppo vicino all’ala liberal, né espressione del blocco conservatore Usa. Ma è anche forte la consapevolezza che la sua unica combinazione di internazionalismo, moderazione dottrinale ed esperienza di vita lo spingeranno a guardare con amore ai confini della Chiesa e alle terre di missione più che alle battaglie politiche.
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