Cittadinanza . Gli italiani di fatto, ma non di diritto. Perché si farà un referendum

di 
Sergio Cirinà
Tra un mese urne aperte per il quesito sulla cittadinanza: obiettivo dimezzare il requisito di 10 anni di residenza continuativa nel Paese per gli stranieri
7 maggio 2025
Italiani non solo di fatto, ma anche di diritto. Dimezzare da 10 a 5 anni il requisito di residenza continuativa nel nostro paese agli stranieri che qui vivono e pagano le tasse è l’obiettivo del referendum sulla cittadinanza, uno dei cinque previsti l’8 e 9 giugno. Se il Parlamento da anni non riesce a dare una risposta, la società civile gioca la carta referendaria, con 637mila firma raccolte in soli 20 giorni, ben oltre le 500mila richieste. Il traguardo è dare piena cittadinanza e combattere le discriminazioni vissute quotidianamente da 1,8 milioni di persone immigrate in Italia da anni, assieme ai loro circa 800mila figli minori. Circa 2 milioni e mezzo di aspiranti italiani.
Persone che affrontano difficoltà ad affittare una casa; discriminazioni sul lavoro, nello sport agonistico, nella vita scolastica; identificazioni durante le manifestazioni che possono impedire l’ottenimento della cittadinanza. La norma del 1992 è tra le più restrittive in Europa: Germania, Francia e Olanda prevedono 5 anni, la Spagna – a certe condizioni – addirittura due. La riforma, dicono promotori e società civile, porterebbe inclusione, diritti, riconoscimento del contributo economico e legale.
«Sul referendum sulla cittadinanza registriamo un silenzio assordante», afferma Antonella Soldo, coordinatrice del comitato promotore: «A cominciare dal servizio pubblico: in Rai l’informazione è assente. Perfino al Concerto del 1° maggio dei sindacati non è stata permesso a conduttori e cantanti nessun riferimento all’argomento».
«Il giorno del Concertone – aggiunge – abbiamo srotolato un’enorme bandiera italiana con al centro un “Sì” a piazza San Giovanni in Laterano sul monumento a San Francesco. Tempo tre minuti, una quindicina di agenti di polizia in borghese, più di noi che manifestavamo, si sono precipitati intimandoci di togliere tutto perché non autorizzati».
A lanciare la proposta referendaria sono stati +Europa e Possibile (quest’ultimo non presente in Parlamento) per abrogare alcuni passaggi della norma esistente, visti il mancato esame di progetti di legge che proponevano uno ius soli temperato (lo ius soli puro non esiste in Europa) e uno ius scholae per i minori.
«La legge sulla cittadinanza è apparsa vecchia già 30 anni fa», dice il segretario di +Europa, Riccardo Magi, presidente del comitato promotore referendario. Magi ricorda che «per decenni si è discusso di riformarla e il consenso sembrava trasversale nella politica, ma è sempre mancata la volontà concreta, finché il tema non è scomparso dall’agenda. Il nostro referendum – dice Magi – dà ai cittadini la possibilità di farlo. Consentire che cittadine e cittadini di fatto lo diventino anche di diritto è giusto e democratico e significa non solo investire sul futuro dell’Italia ma guardare alla realtà attuale della società italiana».
A favore del referendum si è schierato gran parte del centrosinistra: Partito democratico, Alleanza Verdi e Sinistra, Italia Viva, Azione. Non il Movimento 5 stelle. «Durante la raccolta delle firme chiedemmo a Giuseppe Conte se volesse firmare – racconta Soldo – e lui ci rispose che non intendeva farlo, aggiungendo che non saremmo riusciti a raccogliere le firme sufficienti». I pentastellati sul tema hanno una posizione altalenante. Nel 2013 presentarono una proposta sullo ius soli temperato firmata da figure di spicco come Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Poi tra 2018 e 2019, governo giallo-verde con la Lega, la rapida retromarcia. L’anno scorso la senatrice Alessandra Maiorino aveva depositato una proposta sullo ius scholae. Testo finito in un cassetto.
E la maggioranza? La Lega è assolutamente contraria. Fratelli d’Italia, più cauta, è su posizioni analoghe preferendo lo ius sanguinis. Forza Italia inizialmente si era detta favorevole scatenando malumori nella maggioranza. «Il suo disegno di legge però – spiega Soldo - proponeva uno ius scholae ancora più restrittivo. Poi sul tema ha presentato un emendamento alla legge di bilancio. Ma al voto si è astenuta». Alla fine è arrivato il no definitivo, lunedì Antonio Tajani ha invitato all’astensione su tutte e cinque i quesiti.
E la maggioranza? La Lega è assolutamente contraria. Fratelli d’Italia, più cauta, è su posizioni analoghe preferendo lo ius sanguinis. Forza Italia inizialmente si era detta favorevole scatenando malumori nella maggioranza. «Il suo disegno di legge però – spiega Soldo - proponeva uno ius scholae ancora più restrittivo. Poi sul tema ha presentato un emendamento alla legge di bilancio. Ma al voto si è astenuta». Alla fine è arrivato il no definitivo, lunedì Antonio Tajani ha invitato all’astensione su tutte e cinque i quesiti.

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